Le origini
La chiesa sorge sui resti di un edificio d’epoca romana risalente al II o al I secolo a.C., edificato in prossimità di una sorgente, ad oggi difficilmente identificabile: si potrebbe trattare di una villa rustica oppure di un tempio legato al culto dell’acqua.
Il toponimo stesso di “Argentella” sembrerebbe derivi proprio dai riflessi argentei dell’acqua che scorreva placida lungo la valle.
Su tale edificio venne innalzato un primitivo oratorio, oggi non più visibile, risalente al VI-VIII secolo e consacrato probabilmente durante il dominio dei Longobardi che lo dedicarono a San Giovanni Battista. In epoca carolingia subì probabilmente un primo ampliamento: a questo periodo risalgono i frammenti di pavimento in opus sectile e alcuni plutei e pilastrini che decoravano l’interno dell’edificio sacro.
L’epoca di massimo splendore, il declino e il restauro dell’Abbazia
Nel corso del XII secolo sul primitivo oratorio venne costruita l’attuale chiesa romanica a tre navate con terminazioni absidali. Questo fu il periodo di massimo splendore per l’abbazia che coincise con la restituzione ai monaci, nel 1111, di vasti possedimenti da parte del conte Ottaviano, signore di Palombara, della famiglia dei Crescenzi che nel corso di più di un secolo si erano impossessati di numerose proprieta’ dell’abbazia. Ciò fu possibile a seguito dell’intervento diretto di Papa Pasquale II, determinato a ristabilire i diritti della Sede Apostolica sul Patrimonium Sancti Petri, permettendo così ai monaci di ricostituire un vasto patrimonio tra la diocesi sabina e quella di Tivoli.
Riacquisite le proprieta’, seguì un periodo di prosperita’ economica che permise l’ampliamento della chiesa e la costruzione di alcune strutture monastiche tra cui il corpo d’accesso alla chiesa con il portale su cui campeggia lo stemma dell’ordine benedettino. Tra questo e la chiesa vi era un piccolo atrio, chiuso su tutti e quattro i lati e forse porticato. Tra il XII e il XIII sec. venne innalzato anche il campanile e si realizzarono le opere d’arte ancora custodite all’interno dell’abbazia: tutto ciò si rifaceva alle scelte romane per la decorazione delle basiliche, in particolar modo quella di S. Pietro in Vaticano, con il chiaro intento programmatico di celebrare la potenza del papato e il predominio di questo sull’impero.
Il cardinale Jacopo Savelli, futuro papa Onorio IV, nel 1286 affidò il monastero ai guglielmiti che intrapresero una serie di lavori che ne modificarono profondamente l’aspetto: l’atrio venne coperto, il corpo d’accesso fu innalzato, al disopra della navata destra venne costruito un lungo corridoio che metteva in comunicazione gli ambienti in facciata con gli spazi monastici a valle. Nel 1445 i monaci guglielmiti abbandonarono l’abbazia che venne affidata ad abati commendatari, segnando così il suo progressivo e inesorabile declino. Nei secoli successivi venne abitata da qualche eremita e officiata dai frati minori osservanti del convento di San Francesco in Palombara.
L’ultimo cardinale vescovo di Sabina che ordinò lavori di manutenzione fu Lorenzo Litta che, visitando l’abbazia nel 1815, la trovò in stato di semiabbandono. Fu solamente per interessamento del pittore bolognese Enea Monti che sul finire del XIX secolo l’abbazia tornò al centro dell’interesse degli studiosi e sottoposta nuovamente a restauri. Nel 1900 la chiesa venne dichiarata Monumento Nazionale e nel 1924 venne dato alle stampe il primo studio sull’Argentella di cui fu autore Raffaele Luttazzi. A questo scritto ne seguirono molti altri che fecero luce sulle vicende storiche dell’antichissima abbazia: tra i più importanti quello di Ragna Enking.
La storia recente
Nel 1969 incomincia la fase più recente dell’Argentella quando vi si insediò la Fraternità dei Santi Nicola e Sergio, nata durante il Concilio Vaticano II con lo scopo di avvicinare la Chiesa latina con la Chiesa greca. La Fraternità ha gestito il complesso monastico fino agli inizi del 2020 quando veniva affidato direttamente alla Diocesi di Sabina – Poggio Mirteto.
Ci auguriamo che questo sia l’inizio di un processo di rivalorizzazione dell’Argentella perché torni a essere fruibile e apprezzata da un numero sempre maggiore di persone.